venerdì 23 marzo 2012

Gli aristocratici della musica

Sir Anthony Van Dyck: Charles I of England
Si chiamano The Aristocrats e precisamente Mercoledì 13 Marzo passato li ho visti dal vivo a Paris; ed è come essere stati partecipe alla deflagrazione di una bomba.
E' per questo motivo che ho comprato il cd ed è per questo che voglio parlarne.
A vederli live sembra realmente di trovarsi di fronte a Charles I of England di Sir Van Dyck, con la sola differenza che la loro nobiltà la dimostrano imbracciando gli attrezzi del mestiere, cioè quelli musicali; tanto meglio, in questo periodo di nobili "soltanto di nome" ne abbiamo fin sopra le palle (come, giustamente, è sempre stato durante la storia della civiltà umana).


Ma partiamo da inquadrarne un po' le caratteristiche principali, per quanto possibile è inteso; suonano del Jazz/Fusion con molte, moltissime, influenze Rock (sopratutto nelle tirate partiture di batteria) e Progressive (sempre grazie alle imprevedibili iniziative del batterista Marco Minnemann).
Penso abbiate capito di come lo strumentista che più ho apprezzato all'interno dell'album (e del live, dopotutto) sia stato il talentuosissimo battitore capace di dar mostra di una creatività (sopratutto quella, sia chiaro) sopra le righe, ma anche di una simpatia veramente deliziosa (questa inevitabilmente apprezzabile sopratutto in serie live).
Gli altri, in ogni caso non si dimostrano da meno, sotto tutti gli aspetti già considerati per il batterista; talento, originalità, DOTE e capacità di trasformarla in creazione.
L'analisi canzone per canzone è inevitabilmente difficile causa presentazione del lavoro (solo strumentale); mi limiterò a citare la canzone che sia in sede live che in "studio" (sia mio che loro) mi ha trasmesso più emozioni e che più, a mio parere, sia riuscita a condensare lo spirito della band americana: "Blue Fuckers". Il titolo dice tutto, o quasi, quello che rimane da spiegare lo farà il link che in fondo vi allego.
Buon ascolto, fottitori.


p.s.: gli altri due strumentisti rispondo ai nomi di Guthrie Govan -chitarra-, e Bryan Beller -basso ed effetti-. Impossibile ascoltarli senza innamorarsi dello strumento che suonano.


p.s. 2: Marco Minnemann, per intendersi, era la seconda scelta dei Dream Theater dopo Mike Mangini (attuale nuovo membro dietro le pelli) per rimpiazzare quel simpaticissimo (e mostruosissimo) sbruffone di Mike Portnoy. Personalmente credo che la band avrebbe guadagnato creatività con Marco, ma naturalmente, è solo una mia opinione.


il barbone del vicolo accanto


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