Salvador Dalì "Corpus Hypercubus" |
Di fronte a questo vecchio palcoscenico di periferia ci sono ancora alcune sedie, chi vorrà potrà fermarsi ad ascoltare, ad annusare, a vedere ed a toccare i nostri pensieri, sarà sempre il benvenuto.
La scelta del soggetto, dell'opera, della creazione umana che più di tutte potesse incarnare il concetto d'underground ci è sembrata da subito ardua, inutile girarci attorno; quello che ci si apre davanti è un vero e proprio universo parallelo, ed è veramente complicato nominare il re indiscusso dell'underground senza sollevare questa o quella polemica.
Naturalmente ce ne fottiamo, ed avanzo la nostra candidatura, che poi è, "democraticamente", anche la nostra scelta.
Il suo nome è Stefano Silvestri, in arte Steve Sylvester.
Ogni amante dell'underground, sopratutto se di un certo stampo, dovrebbe sentirsi tatuato addosso l'obbligo di conoscere tale personalità del mondo della musica.
Non aggiungo altre date, eventi o affini, chi vorrà farlo potrà trovare tutte le informazioni cercando su internet.
Se poi quest'ultimo amasse "ricercare" come si faceva una volta, cioè attraverso la conoscenza diffusa su carta, allora quello che leggerete fa veramente al caso vostro.
Ma prima una piccola digressione sul perché abbiamo scelto l'immagine di Steve Sylvester come "Overture Mortale" (come direbbero i buon vecchi Domine di cui parlerò, a diritto, in un post a loro dedicato) di questo nostro immaginario concerto; egli rappresenta in tutto e per tutto la fusione tra Bene e Male, tra Genio e Follia, fra Bianco e Nero e la sua musica è la chiave d'interpretazione di questo antinomico binomio.
Il vampirico artista diventa quindi emblema della sua arte, ma anche emblema della corrente musicale e culturale che è l'underground e che risponde anch'esso ai canoni di Caos ed Ordine, Bene e Male etc etc.
Dunque, è molto semplice, lui è L'undeground.
Ma è tempo di affrontare il tema centrale di questo primo atto: la sua biografia, Il Negromante del Rock.
Il libro, in sintesi, è un vero e proprio condensato degli eventi che lo hanno portato a creare e a coltivare la mitica band il cui nome ancor oggi serpeggia fra le bocche degli appassionati fans (ma non solo): i Death SS.
Non è mia intenzione fare il riassunto del volumetto, il cui contenuto è meglio assaporato se degustato per intero, quindi mi limiterò soltanto a "illuminare" (mai termine più sbagliato poteva essere utilizzato in rapporto a suddetto libro) qualche aspetto che ho veramente apprezzato e che lo hanno reso a mio giudizio una delle letture più soddisfacenti degli ultimi mesi.
1. La presentazione
Niente di meglio poteva domandare un fan; se poi allo stesso tempo, questo, fosse anche collezionista e amante di libri allora l'acquisto deve essere obbligatorio.
Il volume si presenta in un formato veramente comodo, brossurato, con copertina lucida e carta spessa; insomma, nessun rischio che le pagine si frantumino a causa della vostra voracità nella lettura.
Steve accoglie il lettore fin dalla copertina con la sua immagine completamente nuda (che appare come un misto tra una fotografia ed un'opera di graphic art) se non fosse per un serpente che avvolge solo alcune parti del corpo.
L'interno del libro è all'altezza dell'esterno: fotografie di repertorio (alcune o tutte, credo, mai pubblicate fino ad ora), miniature di inizio capitolo, moltissime tavole di approfondimento su argomenti che hanno determinato la maturazione artistica del cantante di Pesaro, per non parlare poi delle interviste ad alcuni personaggi che lo hanno sempre apprezzato (lo scrittore Carlo Lucarelli per esempio); insomma se anche l'occhio vuole la sua parte qui ha trovato veramente quello che cercava.
2. I contenuti
Credo fermamente che questo libro vada ben oltre la semplice "biografia".
Considerato il luogo di nascita dell'artista italiano (Pesaro) e considerato il suo anno di nascita (1960) abbiamo un binomio perfetto per delineare, tramite le sue parole, i tratti del provincialismo che tanto caratterizzò e tanto caratterizza tutt'oggi la penisola italiana.
Steve ci parla dei primi fumetti erotici comprati con una certa dose di pudore all'edicolante vicino a casa (per esempio Jacula) ci parla dei cinema di periferia fatiscenti nei quali venivano passate le pellicole di B-movie, cult allora come cult oggi e ci parla della musica punk che contagiava sempre più giovani, man mano che essa bruciava, distrutta dai suoi stessi eccessi.
Ma siamo anche nell'Italia del bigottismo, delle chiese di paese che determinano il ritmo della vita secondo il loro volere, ma anche nell'Italia del paganesimo, della "magia di campagna" ed è grazie a questo dualismo ancestrale che in Steve cresce la volontà di fare musica e di farla a modo suo.
E così Steve ci parla dei primi scontri col perbenismo locale, dimostratosi più volte sottile maschera tesa a proteggere gli istinti più animaleschi, della solitudine e della voglia di trasgredire, ed è contro questo bigottismo che Steve si scaglia.
Durante i suoi primi concerti mette in scena un vero e proprio teatro degli orrori, con travestimenti che riprendono la tradizione orrorifica dei B-movie ed ambientazioni che riproducono ambienti lugubri e cimiteriali; inutile girarci attorno, l'artista rappresenta un vero pioniere della musica come shock visivo, in cui anche la rappresentazione teatrale costituisca un aspetto fondamentale del tutto.
Le note, finalmente si fondono con i loro esecutori in una spirale di pura follia.
3. Steve Sylvester
Ed allora perché Steve Sylvester?
Perché, fin dall'inizio ha fatto molto di più che comporre musica.
Fin dagli albori dell'uomo la musica è stato uno strumento magico, misterioso, capace di evocare le sensazioni più sconosciute, più ancestrali, più arcaiche; è questo l'obiettivo di Steve, riprodurre quella magia sul palco, coinvolgere il proprio pubblico in quella bolgia infernale che sono le musiche dalla sua mente scaturite. E la cosa che più sconvolge è che le persone che volontariamente lo vanno a vedere ne escono estasiate, come rinate.
E' magia pagana e Steve ne è il negromante.
Tale arte è la spada con cui, seppur indirettamente, combatte l'ignoranza di tutti i bigottismi, di tutti pregiudizi; raccontando dei freaks, dei mostri, delle sensazioni più paurose, egli scava all'interno degli angoli più oscuri del proprio animo, alimentando quella sete di conoscenza che da sempre rimane insaziabile nell'uomo (insaziabile ma, ahimè, spesso dimenticabile).
La sua musica diviene così salvifica, perché dalle tenebre spinge alla luce intesa come ricerca ad ogni costo, senza paura di essere diversi, fregandosene del giudizio altrui.
Ci salva dai "Sì" troppe volte detti e ci insegna a dire "No" alle strade che non ci interessano.
Per raggiungere l'Inferno non necessariamente si deve percorrere una strada ampia e libera da pericoli, come ci insegna il detto popolare, ma può darsi che si debba sudare, lottare, fare delle scelte e prendere una strada piuttosto che un'altra, e per una volta nella propria vita, può darsi veramente che si cominci a salire.
il barbone del vicolo accanto
La scelta del soggetto, dell'opera, della creazione umana che più di tutte potesse incarnare il concetto d'underground ci è sembrata da subito ardua, inutile girarci attorno; quello che ci si apre davanti è un vero e proprio universo parallelo, ed è veramente complicato nominare il re indiscusso dell'underground senza sollevare questa o quella polemica.
Naturalmente ce ne fottiamo, ed avanzo la nostra candidatura, che poi è, "democraticamente", anche la nostra scelta.
Il suo nome è Stefano Silvestri, in arte Steve Sylvester.
Ogni amante dell'underground, sopratutto se di un certo stampo, dovrebbe sentirsi tatuato addosso l'obbligo di conoscere tale personalità del mondo della musica.
Non aggiungo altre date, eventi o affini, chi vorrà farlo potrà trovare tutte le informazioni cercando su internet.
Se poi quest'ultimo amasse "ricercare" come si faceva una volta, cioè attraverso la conoscenza diffusa su carta, allora quello che leggerete fa veramente al caso vostro.
Ma prima una piccola digressione sul perché abbiamo scelto l'immagine di Steve Sylvester come "Overture Mortale" (come direbbero i buon vecchi Domine di cui parlerò, a diritto, in un post a loro dedicato) di questo nostro immaginario concerto; egli rappresenta in tutto e per tutto la fusione tra Bene e Male, tra Genio e Follia, fra Bianco e Nero e la sua musica è la chiave d'interpretazione di questo antinomico binomio.
Il vampirico artista diventa quindi emblema della sua arte, ma anche emblema della corrente musicale e culturale che è l'underground e che risponde anch'esso ai canoni di Caos ed Ordine, Bene e Male etc etc.
Dunque, è molto semplice, lui è L'undeground.
Ma è tempo di affrontare il tema centrale di questo primo atto: la sua biografia, Il Negromante del Rock.
Il libro, in sintesi, è un vero e proprio condensato degli eventi che lo hanno portato a creare e a coltivare la mitica band il cui nome ancor oggi serpeggia fra le bocche degli appassionati fans (ma non solo): i Death SS.
Non è mia intenzione fare il riassunto del volumetto, il cui contenuto è meglio assaporato se degustato per intero, quindi mi limiterò soltanto a "illuminare" (mai termine più sbagliato poteva essere utilizzato in rapporto a suddetto libro) qualche aspetto che ho veramente apprezzato e che lo hanno reso a mio giudizio una delle letture più soddisfacenti degli ultimi mesi.
1. La presentazione
Copertina de "Il negromante del Rock" |
Il volume si presenta in un formato veramente comodo, brossurato, con copertina lucida e carta spessa; insomma, nessun rischio che le pagine si frantumino a causa della vostra voracità nella lettura.
Steve accoglie il lettore fin dalla copertina con la sua immagine completamente nuda (che appare come un misto tra una fotografia ed un'opera di graphic art) se non fosse per un serpente che avvolge solo alcune parti del corpo.
L'interno del libro è all'altezza dell'esterno: fotografie di repertorio (alcune o tutte, credo, mai pubblicate fino ad ora), miniature di inizio capitolo, moltissime tavole di approfondimento su argomenti che hanno determinato la maturazione artistica del cantante di Pesaro, per non parlare poi delle interviste ad alcuni personaggi che lo hanno sempre apprezzato (lo scrittore Carlo Lucarelli per esempio); insomma se anche l'occhio vuole la sua parte qui ha trovato veramente quello che cercava.
2. I contenuti
Credo fermamente che questo libro vada ben oltre la semplice "biografia".
Considerato il luogo di nascita dell'artista italiano (Pesaro) e considerato il suo anno di nascita (1960) abbiamo un binomio perfetto per delineare, tramite le sue parole, i tratti del provincialismo che tanto caratterizzò e tanto caratterizza tutt'oggi la penisola italiana.
Ma siamo anche nell'Italia del bigottismo, delle chiese di paese che determinano il ritmo della vita secondo il loro volere, ma anche nell'Italia del paganesimo, della "magia di campagna" ed è grazie a questo dualismo ancestrale che in Steve cresce la volontà di fare musica e di farla a modo suo.
E così Steve ci parla dei primi scontri col perbenismo locale, dimostratosi più volte sottile maschera tesa a proteggere gli istinti più animaleschi, della solitudine e della voglia di trasgredire, ed è contro questo bigottismo che Steve si scaglia.
Durante i suoi primi concerti mette in scena un vero e proprio teatro degli orrori, con travestimenti che riprendono la tradizione orrorifica dei B-movie ed ambientazioni che riproducono ambienti lugubri e cimiteriali; inutile girarci attorno, l'artista rappresenta un vero pioniere della musica come shock visivo, in cui anche la rappresentazione teatrale costituisca un aspetto fondamentale del tutto.
Le note, finalmente si fondono con i loro esecutori in una spirale di pura follia.
3. Steve Sylvester
Ed allora perché Steve Sylvester?
Perché, fin dall'inizio ha fatto molto di più che comporre musica.
Fin dagli albori dell'uomo la musica è stato uno strumento magico, misterioso, capace di evocare le sensazioni più sconosciute, più ancestrali, più arcaiche; è questo l'obiettivo di Steve, riprodurre quella magia sul palco, coinvolgere il proprio pubblico in quella bolgia infernale che sono le musiche dalla sua mente scaturite. E la cosa che più sconvolge è che le persone che volontariamente lo vanno a vedere ne escono estasiate, come rinate.
E' magia pagana e Steve ne è il negromante.
Tale arte è la spada con cui, seppur indirettamente, combatte l'ignoranza di tutti i bigottismi, di tutti pregiudizi; raccontando dei freaks, dei mostri, delle sensazioni più paurose, egli scava all'interno degli angoli più oscuri del proprio animo, alimentando quella sete di conoscenza che da sempre rimane insaziabile nell'uomo (insaziabile ma, ahimè, spesso dimenticabile).
La sua musica diviene così salvifica, perché dalle tenebre spinge alla luce intesa come ricerca ad ogni costo, senza paura di essere diversi, fregandosene del giudizio altrui.
Ci salva dai "Sì" troppe volte detti e ci insegna a dire "No" alle strade che non ci interessano.
Per raggiungere l'Inferno non necessariamente si deve percorrere una strada ampia e libera da pericoli, come ci insegna il detto popolare, ma può darsi che si debba sudare, lottare, fare delle scelte e prendere una strada piuttosto che un'altra, e per una volta nella propria vita, può darsi veramente che si cominci a salire.
il barbone del vicolo accanto
Nessun commento:
Posta un commento