lunedì 21 maggio 2012

Carta batte forbice?

Andy Warhol: Marilyn Monroe
Sì, indubbio discuterci sopra, per molti aspetti della vita quotidiana (ma anche della vita culturale) lo schermo, ormai ultrapiatto, ha vinto la guerra contro l'antichissima carta: è cosa buona o cosa poco buona?
Difficile rispondere, sopratutto considerato che tale "vittoria" è recente, nozione temporale constatabile sia se la consideriamo in termini assoluti (lasso di tempo durante il quale ha preso piede in maniera generalizzata), sia in termini relativi (se la rapportiamo alla durata media dei mutamenti nella storia dell'umanità).
A mio personalissimo giudizio, non è cosa buona. 
Per svariati motivi, primo fra tutti la necessaria riflessione che un manoscritto richiedeva sia in termini di calligrafia e di presentazione, che in termini di parole scelte e trasportate su foglio.
E' con questa prefazione che entro nel cuore di questo nuovo post, un fenomeno che a mia conoscenza trova la sua originalità, in tale momento storico, solo in Italia: una "nuova" fanzine di musica Underground.
Scrivo nuova fra virgolette per sottolineare come tale fenomeno non sia in realtà frutto del ventunesimo secolo, ma piuttosto del secolo passato, quando lo sbocciare di nuovi generi musicali (i vari filoni del metal innanzitutto) determinava un'avidità di informazione che Internet, ancora non inventato, o, in ogni caso non diffuso a livello capillare (n.d.r. correva il 1923 quando il CERN rese pubblica tale invenzione, l'Interconnected Networks, cosicché tutti ne potessero usufruire) non poteva saziare.
Erano i singoli fan, di conseguenza, che tramite miriadi di telefonate e rapporti epistolari con tutto il Mondo, tentavano di reperire ogni singola news a proposito delle proprie band preferite; a questo poi si univa il fenomeno di scambio di musicassette con gli ultimi capolavori dei propri eroi incisi sopra; una vera rete di passione e musica.
Ed oggi? Oggi con Internet tutto si è semplificato e gli stessi fan boy trovano vita più facile nell'essere messi al corrente dell'ultime peripezie dei propri artisti preferiti (con ridicole derive stile Beautiful che, forse un tempo, considerati i tempi dell'informazione, trovavano poco spazio fra le news realmente importanti).
Cerchi un cd? Lo scarichi (ahimè). 
Vuoi sapere se tal gruppo passerà dalla tua città? Facilissimo, vai sul loro profilo FB.
E se questa semplificazione si applica per i grandi nomi, ancora più agilmente si applica per le piccole realtà locali, in un primo tempo penalizzate dalla diffusione dell'informazione.
Quindi tutti felici e contenti?
No. 
C'è sempre qualcuno che (fortunatamente, oserei dire) si domanda se tutta questa semplificazione porti solo "rose e fiori" o al contrario lasci per strada qualche aspetto e sfumatura importante per la musica suonata e raccontata: questo signore risponde al nome di Beppe Diana.
Per quanto impossibile in poche parole (non me ne vorrà il sottoscritto), tenterò di riassumere la sua vita dicendo che è stato (ed è tutt'ora) un personaggio molto importante nell'ambiente underground italiano per la sua crociata giornalistica a sostegno dell'Underground metallico.
Beppe, quando tutti prediligono l'informatizzazione delle Fanzine, sia per una questione economica che per una questione di visibilità pubblica, ha preso una decisione coraggiosa, riportare in auge la leggenda della fanzine cartacea.
Perché? Anche lui, come me (anzi prima di me, cosicché da portare anche il sottoscritto a riflettere a tal proposito), si chiede se veramente i mezzi che oggi usiamo per diffondere ed informarci siano sufficienti.
Graveyard Symphony Fanzine è il nome da lui attribuitole in onore di due delle più importanti case discografiche italiane che trattino di Underground (My Graveyard Production e Underground Symphony).
Abbiamo quindi ventitré spartane pagine di interviste inedite, scambi d'opinione, passione e metallo colante: leggiamo di un'Italia "Heavy" che vuole rialzarsi vuole suonare e vuole far ancora emozionare. E ci riesce.
Si può veramente tastare l'anima che Beppe mette nell'intervistare le band, anche se in alcuni casi avrei apprezzato qualche domanda in più e più mirata a proposito dei testi delle canzoni: ho sempre avuto l'impressione che nell'ambito di musica Metal non sia dia troppo peso a tale sfaccettatura della musica ed il risultato più evidente è che molti gruppi risultino molto carenti da questo punto di vista.
Il prodotto proposto dal giornalista è in ogni caso molto valido, ben impaginato, correlato da un giusto numero di fotografie.
La lettura è in alcuni casi un po' disturbata dai trafiletti che Beppe ha ripreso dalle interviste per sottolineare certi concetti, a suo giudizio, più importanti; credo che sarebbe necessario evidenziarli con un carattere di stampa diverso oppure con un corsivo. Essi vengono infatti "grassettati" ma, purtroppo, alcune volte si confondono col testo dell'intervista.
Da apprezzare anche la presenza delle recensioni di alcune uscite Underground, anche se consiglierei di raggrupparle in un'unica sezione e dividere le produzioni straniere da quelle italiane, oltre a precisare, nel caso di quest'ultime, la città di provenienza della band; credo, infatti, che essa possa influenzare decisamente il sound dei musicisti che ne prendono parte. In ogni caso è solo una questione di ordine, niente di fondamentale.
Dunque come concludere questo lungo ed atipico intervento? Con una nota decisamente positiva nei confronti  di Beppe, il suo sforzo ha dato alla "luce" un prodotto ormai quasi dimenticato dalla nostra cultura sempre di fretta, capace di aprirci gli occhi sulla realtà Underground da un punto di vista diverso da quello che lo schermo del nostro computer, purtroppo, riesce a darci.
Grazie ancora, Beppe, volevi comunicare, beh, ci sei riuscito alla grande.


il barbone del vicolo accanto


p.s.: chi volesse avere qualche informazione in più su tale iniziativa può domandare direttamente all'interessato  Beppe Diana, che sarà felicissimo di rispondere ad ogni vostra curiosità. 
Accrescete la comunità che sostiene l'Underground italiano, le emozioni sono assicurate.

mercoledì 16 maggio 2012

Toscana, terra epica: capitolo I

Credo fortemente che la propria terra natale con il suo carico di storia e di magia (intesa come "memoria" della quale è intrisa una certa località) determini fortemente lo spirito di alcuni individui più sensibili (o sensitivi) che lì vi trovano i natali.
In particolare, cotanta magia si può percepire nel momento in cui l'essere umano più sensibile o più sensitivo, inizia a creare su una lunghezza d'onda compatibile con tale entità pregnante la terra, e la musica rappresenta, senz'altro, una delle arti capaci di cogliere tale frequenza e raccontare tramite le sue note la magica storia del proprio passato.

Inizio così una rubrica dedicata interamente alla mia terra natale (la Toscana) ed a quella musica che, a mio giudizio, ne riesce a cogliere meglio lo spirito nascosto: l'Epic Metal.


Bisogna necessariamente fare un salto nel passato, agli anni progenitori di tale genere musicale (e di molti altri stili a rigor del vero); sto parlando degli anni '70.
E' infatti in quegli anni che i più importanti rappresentanti del genere in questione a livello italiano (ma anche mondiale a mio giudizio) muovono i primi passi: sto parlando dei Dark Quarterer e quello che sto per presentarvi è il loro leggendario omonimo primo LP.

Dark Quarterer: Dark Quarterer


Dark Quarterer: Dark Quarterer
I Dark Quarterer sono tre ragazzi di Piombino (in provincia di Livorno) animati da tanta amicizia e tanta voglia di suonare quando pubblicano il loro primo LP nel lontano '87, dopo molti anni di rodaggio insieme (ben 13 dal loro primo incontro in sala prove) senza mai scrivere qualcosa di loro, senza mai esibirsi dal vivo, ma impegnati soltanto ad eseguire perfettamente le cover dei propri artisti preferiti, artisti che spaziavano dall'Heavy Metal dei Judas Priest al Progressive Rock dei Van der Graff Generator fino all'Hard Rock dei Led Zeppelin.
Avevano voglia di suonare, ma avevano ancor più voglia di trovare un loro stile, di capire quale fosse il destino che accomunava il suddetto trio delle meraviglie; tutti eseguivano i pezzi e tutti allo stesso tempo cercavano di cogliere la propria strada in tali note.
Non erano semplicemente tre musicisti, ma tre guru nel bel mezzo di una meditazione condotta per mezzo di corde e tamburi.
Già la copertina, immediatissima, dimostra che chi abbiamo davanti ha qualcosa fuori dal comune; è solo carta stampata, ma odora ugualmente di muffa, di umidità, di catacomba e la luce stessa che ci avvolge nel momento in cui ci apprestiamo ad ascoltare l'LP sembra scemare come inghiottita da una presenza oscura.
Il nero squartatore è dietro di noi e ci sta per pugnalare; ma non è un colpo che infligge danni, è un una pugnalata che ti fa innamorare immediatamente.
Se la stessa copertina ci proiettava in un mondo passato, magico e quasi dimenticato, la musica che dallo stereo scaturisce non fa che incrementare tale sensazione, venendo proiettati migliaia di anni fa, ai tempi in cui gli etruschi sulle coste toscane muovevano i primi passi.
Le emozioni nascono dalle storie fantastiche narrate dal trio, storie di patti col Diavolo in cui la Musica rappresenta il contratto (che anche loro ne abbiano sottoscritto uno?), si narra di misteriosi assassini, di metaforici colossi d'argilla e di strane entità malefiche.
La produzione artigianale (nel senso assolutamente positivo del termine) arricchita da ben pochi effetti "speciali" (a parte qualche riverbero vocale) mette in risalto le incredibili doti del gruppo, riuscendo, incredibilmente, a bilanciare alla perfezione i 4 strumenti (perché come ci insegna il compianto Demetrio, anche la voce è necessario suonarla).
L'oscurità aleggia fra le partiture, la rabbia, il terrore fluiscono dal disco incantando l'ascoltatore, mentre il basso impone la propria marcia insieme ai tom della batteria e la chitarra infiamma gli animi come le mani del pianista descritto nel primo brano; la voce fa il resto rappresentando la chiave di lettura di tali composizioni.


Non è possibile, ciò non può essere terrestre; ed invece lo è, ed pure italiano.


E' una pietra miliare della musica italiana, una pietra fatta di passione, sudore, sogni, tradizione e terra, perché la loro Piombino li ha regalato ciò che di più prezioso esista al Mondo: l'Arte.


Gianni Nepi: basso elettrico e voce
Paolo "Nipa" Ninci: batteria e cori
Fulberto Serena: chitarra elettrica


il barbone dell'angolo accanto


"what is my life without anysense, what is my life, what is music without my presence"

giovedì 3 maggio 2012

Quando l'underground si dà appuntamento a Parigi

R. Crumb: L'amazzone con le trecce
Ebbene sì Parigi, città Underground.
Ma avevamo qualche dubbio a proposito? Io neanche uno, dopotutto la metro parigina è una delle più antiche, più articolate e più misteriose al mondo, a mio giudizio.
Ma non è di pensiline, gallerie o treni fantasmi che parleremo, ma di fumetto, perché anche quest'ultimo può essere underground e può esserlo di brutto.
In questo periodo, infatti, presso il monolitico Centre Pompidou ed il più discreto Musée d'Art Moderne troviamo due fra i più grandi rappresentanti della nuvoletta che ci concedono di dare un'occhiata alla loro intera vita artistica: Crump e Spiegelman.
Perché li presento assieme? Perché entrambe le mostre, pur strizzando l'occhio alle loro produzioni più famose (dedicando rispettivamente a La Genesi di Crumb ed a Maus di Spiegelman un'intera stanza sulle cui pareti sono affisse, in ordine numerico, tutte le tavole di questi capolavori) tendono a sottolineare le origini dei due vignettisti con particolare interesse alla loro vena (e radice) puramente Undeground.
E' lo sguardo all'America di quegli anni che gli accomuna, come anche la lente che essi vi pongono davanti: il proprio background socio-culturale.
A. Spiegelman: Locandina dell'esposizione
Crumb utilizza il sesso e la sessualità per raggiungere il proprio obiettivo, mette sotto accusa il bigottismo dilagante scagliandovi contro attraverso i suoi tratti infantili ma estremamente adulti allo stesso tempo.
Spiegelman, tramite il suo Breakdown sposa la causa underground tentando la via di un nuovo linguaggio visivo.
Entrambi lo fanno percorrendo le vie più profonde, i canali secondari, prendendosi gioco delle major della vignetta (Mr Natural di Crumb ne è l'esempio fra i più emblematici): entrambi percorrono le vie sinuose e nascoste delle produzioni indipendenti creandosi una propria immagine, costruendo mattone su mattone la propria immagine che in futuro sfiorerà la leggenda.
L'underground è ancora una volta terreno fertile per la costruzione dell'individuo, per la riflessione, per lo scontro col proprio io.
Le mostre, parallelamente fra loro, puntano i riflettori su questo cammino, più scanzonato nel caso di Crumb (ma non meno profondo), più serioso nel caso di Spiegelman (anche se le sue "ultime" produzioni quali The New Yorker mostrano un autore molto più ghignante).
Due mostre che, per chi avesse la possibilità di un piccolo soggiorno a Parigi, meritano veramente una scappata: in una giornata potrete gustarvele appieno tutte e due, usufruendo di pezzi da collezione in bella vista oltre che, nel caso di Crumb anche di  divertenti interviste proiettate, mentre nel caso di Spiegelman del bel panorama sull'antica Lutetia che si gode dal Centre Pompidou.


Buona visita...o semplicemente buona lettura.


il barbone del vicolo accanto